Ludovico Antonini
“Dipingasi su la terra bianca cioè quando avranno avuto la terra di Vicenza, vò dire con uno stil di ferro di questa sorte e questa pittura chiamasi sgraffio”
(da “I tre libri dell’arte del vasaio” Di CIPRIANO PICCOLPASSO 1556-57)
Dalla pesca dei “cocci” nasce la sua passione per la ceramica graffita.
Riconosce e riscopre il significato dei simboli e si riappropria degli antichi motivi della decorazione: il “nodo”, la stella a sei punte, la melagrana, gli animali, gli alberi, le teste delle “belle”, il nome delle pietanze in veneziano.
Usa lo “sgraffio” per incidere l’argilla cruda per riprodurre queste ceramiche di sapore antico che sanno risvegliare emozioni nuove.
La tecnica:
L’oggetto viene forgiato utilizzando una argilla sedimentaria di colore rosso. Le forme ricalcano quelle classiche della stoviglieria rinascimentale (boccali, scodelle piatti, ciotole, catini).
Sull’oggetto ancora crudo, viene steso un velo di argilla fluida bianca (ingobbio).
Sull’ingobbio, viene eseguito a mano libera il disegno e la decorazione di contorno utilizzando uno stilo metallico che graffiando l’argilla bianca mette allo scoperto la sottostante argilla rossa.
Una prima volta viene cotto a 980 °C (biscotto). Il biscotto viene colorato con colori (ossidi metallici) quali il verde ramina (rame), il giallo ferraccia (ferro) il bleu (cobalto) ed il viola (manganese).
Per rendere impermeabile l’oggetto, viene invetriato con vetrina piombifera incolore e cotto ancora a 950 °C.